Con il suo ultimo capolavoro “The war – My Transformation Journey”, Bashir Abu Shakra ha di nuovo conquistato la giuria di SkyPixel, piattaforma di riferimento globale per fotografi e videomaker aerei, con oltre 55 milioni di utenti registrati. Quest’anno ha vinto il premio come Miglior Video Aereo alla 10ª edizione del concorso (Grand Prize). Il film, frutto di cinque anni di lavoro, è un viaggio emozionante dalla solitudine alla consapevolezza, raccontato attraverso riprese aeree mozzafiato di paesaggi ruvidi e infiniti.

In effetti, è la seconda volta che Bashir conquista il primo premio SkyPixel, dopo il successo con “Why I travel the world alone”, vincitore del Premio Miglior Opera Annuale all’8ª edizione dello stesso concorso.

Dietro questi risultati c’è una storia di incredibile perseveranza. Il lavoro di Bashir Abu Shakra richiede non solo creatività e padronanza tecnica, ma anche una pazienza e una motivazione che pochi riescono a sostenere, come lui stesso ci spiega.

1. Quando ti sei avvicinato per la prima volta alla fotografia aerea? Cosa ti ha portato a questa forma d’arte?

Mi sono avvicinato alla fotografia aerea nel 2016, quando mi sono trasferito da solo a Monaco […] Ogni weekend andavo in montagna a cercare posti interessanti da fotografare con una fotocamera normale, ma sentivo che la mia immaginazione e creatività erano limitate, fino a quando scoprii che esisteva un drone con fotocamera. Fu uno shock positivo: pensavo che tutte le immagini aeree fossero fatte da elicotteri! Non avrei mai pensato che si potesse comprare un drone e farlo volare ovunque.
Sono sempre stato ossessionato dall’idea di esplorare l’ignoto e catturarlo da prospettive mai viste prima, quindi comprare un drone costoso è diventata la mia priorità assoluta. Così ho deciso di lavorare come rider per la consegna di cibo in bicicletta per mesi, ore ogni giorno, in estate e in inverno, con sole, vento e neve, solo per potermelo permettere.

Abu Shakra nel 2017 mentre lavora per comprare il suo primo drone: un DJI Phantom 4 Pro

2. Qual è stato il tuo primo drone DJI? Qual è il tuo preferito? E perché?

Il mio primo drone è stato il DJI Phantom 4 Pro. Grazie al suo sensore da 1 pollice da 20 MP e alla capacità di registrare in 4K Ultra HD a 60 fps, era considerato un drone professionale all’epoca. Non era piccolo, ma allora davo priorità alla qualità dell’immagine rispetto alla portabilità. Questo rendeva le mie escursioni e scalate più difficili: lo zaino pesava fino a 25 kg.
Quando è uscito il DJI Mavic 3 Pro, sono rimasto sbalordito dalle possibilità creative offerte dalle diverse lunghezze focali, senza grandi perdite di qualità. Uso spesso le focali da 70 mm e 166 mm, che mi permettono di ottenere riprese più cinematografiche, effetti di scala e parallasse, superando finalmente la qualità del Phantom 4 Pro, e soprattutto con dimensioni più contenute. È stato un passaggio enorme e ho sentito subito la differenza. Potevo portare più cose utili nei miei zaini e raccontare la mia storia in modo più creativo. DJI non smette mai di stupirmi con i suoi prodotti!

DJI Mavic 3 Pro Fly More Combo

3. Chi o cosa ti ispira come fotografo o videomaker? Può trattarsi di artisti noti o persone della tua vita.

Yann Arthus-Bertrand e l’esploratore di National Geographic George Steinmetz mi ispirano da anni. La loro capacità di scegliere paesaggi remoti e catturarli dal cielo in modo straordinario mi ha spinto a seguire un percorso simile. I loro podcast, interviste e libri mi hanno aiutato enormemente a fare mia la loro visione. Il primo film con il drone che ho visto è stato Algeria from above di Yann Arthus-Bertrand nel 2016: mi ha completamente rapito. È stato ciò che mi ha fatto iniziare. In seguito, il suo film Human (qui il trailer), che combina storie vere di oltre 2.000 persone con immagini aeree da 60 paesi, ha avuto un grande impatto su di me.

Mi ha fatto cambiare opinione su molti paesi spesso mal rappresentati dai media. E mi ha spinto a visitare nazioni come il Venezuela per mostrare una narrazione alternativa.

Yann mi ha insegnato l’importanza dell’elemento sorpresa, essenziale per coinvolgere gli spettatori. Nei miei film, cerco paesaggi rari o mai visti prima proprio per questo. Dall’altro lato, George Steinmetz mi ha insegnato come pianificare queste avventure. Ho iniziato a selezionare luoghi tramite Google Earth e a fare di tutto per raggiungerli, anche a rischio della mia sicurezza.

4. La community di SkyPixel ti ha ispirato a partecipare al concorso e a creare i tuoi lavori?

La community di SkyPixel ha sempre offerto il meglio in fatto di immagini e video aerei. L’ho presa come fonte d’ispirazione per lavorare più duramente, raggiungere risultati simili, o migliori, e per essere finalmente in grado di competere in questo concorso immenso, con migliaia di partecipanti da tutto il mondo.

5. La musica ispira le tue storie e ti guida nelle riprese. Come la scegli? Dove la trovi? Sembra sempre combaciare perfettamente con l’emozione delle tue immagini.

Solitamente uso musiche con cui sono cresciuto, che mi hanno aiutato nei momenti difficili. Sono stato profondamente influenzato dalle colonne sonore di Hans Zimmer (Inception, Il Gladiatore, Dune…). Da allora ho cercato brani simili, soprattutto su YouTube, spesso prodotti da case che creano musica per trailer.

Ad esempio, Really Slow Motion ha centinaia di tracce potenti disponibili su YouTube. Le ascolto una a una, cercando quella che risuoni con il film che sto creando. È un processo che richiede moltissimo tempo e anni di esperienza per “sentire” cosa funziona.

Non seguo il percorso tradizionale dei filmmaker che usano Artlist o Musicbed (musica royalty-free). Io contatto direttamente i compositori, a volte pagando costi elevati per i diritti. Ma per me ciò che conta è la qualità e la connessione emotiva che la musica crea.

6. Come ti è venuta l’idea per “The War – My Transformation Journey”? Quanto tempo ci è voluto?

L’idea è nata cinque anni fa. Ricordo chiaramente: ero su un autobus diretto alle Alpi francesi quando ho sentito una canzone con un testo che mi rispecchiava profondamente, parlava di solitudine e trasformazione. Sembrava scritta per me. Mi sono commosso. Ho pensato: «E se raccontassi la storia di un uomo che, invece di essere sconfitto, supera le sue difficoltà?»

Abu Shakra durante le riprese sulle Dolomiti

7. Alla fine del video “Why I Travel The World Alone”, sei davanti a una montagna innevata e un pesce salta fuori dall’acqua. C’è un significato speciale dietro quello scatto “miracoloso”?

È uno dei miei scatti più divertenti e folli. Dopo quattro ore di escursione, ho raggiunto il lago al tramonto. Mentre montavo la tenda, ho visto un pesce saltare. Rarissimo in un lago così piccolo.

La mattina dopo, ho provato più volte a catturare quel salto. Ho usato quasi due batterie intere. Alla fine, ce l’ho fatta: ho visto il salto attraverso il drone. Ho urlato: «Ce l’ho fatta!» da solo, nel nulla. Sembrava che il pesce sapesse cosa stavo aspettando e mi avesse ricompensato.

8. Usi spesso riflessi simmetrici nei tuoi video, dove il paesaggio si specchia nell’acqua. C’è un significato oltre l’estetica?

Sì, questi scatti spiccano perché la simmetria è naturalmente attraente per l’occhio umano, trasmette armonia. Uno scatto semplice può diventare un capolavoro se catturato con simmetria. Inoltre, offre più flessibilità in post-produzione: si può ruotare o manipolare per seguire meglio il ritmo musicale. Quando la musica sale gradualmente, uso il riflesso per fare lo stesso con il paesaggio, lo svela piano piano, rendendolo più interessante. Ma sono difficili da ottenere, per via del vento.

La clip è molto simile a quella di “Why I Travel The World Alone”, ma con un gioco di simmetrie diverso, lo scatto prende una forma più armoniosa.
DJI Mavic 3 Pro (radiocomando DJI RC)

9. Che consiglio daresti a chi vuole partecipare alla prossima edizione di SkyPixel?

Un elemento a cui tengo molto è l’effetto sorpresa. Consiglio di trovare la propria versione di questo: può essere un paesaggio mai filmato, una storia potente o anche una ripresa semplice ma trasformata in post-produzione. Ad esempio, il riflesso del Cervino nel mio film ha avuto un impatto maggiore dopo che l’ho ribaltato in montaggio.
Un altro consiglio è investire in masterclass di videografia online. Avrei voluto farlo prima. Mi hanno aiutato tantissimo, soprattutto nella color grading — oggi una parte essenziale del mio stile. Cercate il livello che volete raggiungere, e vedete se i filmmaker che vi ispirano offrono corsi. Possono farvi risparmiare anni.

E infine: abbiate pazienza. La maggior parte dei miei video richiede anni per essere completata. Non abbiate fretta. Aspettate che ogni dettaglio sia perfetto.

Lascia un commento